1998-2018.
Compiono venti anni gli affacci in centro storico sul Canale di Reno nelle vie Malcontenti, Piella e Oberdan.
La riscoperta di queste visuali che prima di allora erano occluse da vetusti vespasiani sono ancora oggi un vanto per la città di Bologna, visitati da migliaia di turisti ogni anno.
Recuperati dall’Architetto Francisco Giordano, inseriamo di seguito il Comunicato stampa celebrativo.
Bologna: vent’anni di vista sul canale
Dal 24 gennaio 1998 l’acqua ed il canale nel centro storico della città sono riemersi dall’oblio: un tassello nella valorizzazione del patrimonio storico ed ambientale all’interno delle mura che restituiva alla scena urbana la memoria propria del luogo e che poi ha contribuito decisamente alla riscoperta di Bologna città dell’acqua. Cessato, fra l’800 ed il ‘900 il loro intenso sfruttamento, i canali urbani furono degradati a scarico di acque nere. Questi luoghi sono stati via via nascosti a causa del progressivo stato di abbandono e delle condizioni ambientali e igieniche al limite della tollerabilità. Questo paesaggio fu sepolto da nuovi canoni estetici, da moderne esigenze di mobilità e igiene. Andarono perduti anche i manufatti che consentivano agli opifici di operare e prosperare: decine di mulini, filatoi e altre macchine costruite con abilità dagli artigiani bolognesi. Pochissimi tratti di canale, faticosamente individuabili, non furono coperti solo perché nascosti all’interno dei retri di alcune case, non visibili dalle vie pubbliche e non facilmente sfruttabili, il resto scomparve per facilitare la circolazione stradale e la sosta automobilistica. Fra il 1984 ed il 1985 un lungo tratto del canale di Reno e delle Moline fu sottoposto ad un’operazione di disinquinamento, fu ripulito dalle abbondanti immondizie che lo ricopriva, furono immesse le acque reflue e piovane provenienti dagli edifici confinanti in condotti fognari e fu ripristinato il suo fondo. Questo intervento di fatto pose le premesse per un deciso, concreto e significativo impulso alla riscoperta di questo sistema di vie d’acque cittadine: era infatti possibile il recupero degli affacci dai ponti sul tratto non interrato del canale di Reno all’interno degli isolati fra i retri delle due cortine di case parallele a via Augusto Righi e via Bertiera, da via Malcontenti a via Oberdan, prima della brusca svolta verso via Capo di Lucca. Il ripristino e la valorizzazione furono sostenuti economicamente dalla Cooperativa Edificatrice Ansaloni (presidente Franco Lazzari) fra la seconda metà nel 1997 e l’inizio del 1998, con il patrocinio e l’Alta Sorveglianza del Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno (direttore Fabio Marchi), e dell’Unione Operativa Studi ed Interventi Storico-Monumentali del Comune di Bologna (architetti Roberto Scannavini, Nullo Bellodi, Paolo Nannelli) e con il benestare della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Bologna (progetto e direzione dei lavori: architetto Francisco Giordano). Si concepì di valorizzare le singole situazioni architettoniche e paesaggistiche, con “leggeri” interventi, specifici per ogni area ma omogenei, recuperando l’immagine storica dei siti, la memoria dei luoghi. L’intervento di riqualificazione fu attuato con la rimozione delle vecchie superfetazioni in muratura adibite fino a qualche tempo prima a vespasiani che scaricavano direttamente sul canale e che volutamente impedivano la visuale dai ponti di via Malcontenti e via Piella (di fronte alla famosa finestrella). Qui s’ideò il rifacimento di nuovi ed inaspettati affacci che consentono una gradevole vista sulle acque grazie a nuovi parapetti realizzati con mattoni faccia a vista. Essi risultano leggermente modanati e degradanti ai fianchi: quest’ultimo è un preciso riferimento all’immagine dei “ponti” che delimitavano le sponde dei canali nei tratti urbani e che erano fra gli elementi che costituivano il paesaggio urbano. In via Oberdan fu progettato e collocato un cancello in ferro (con un disegno semplice ma allo stesso tempo accurato), che consente un’ampia veduta sul canale e lascia spazio per un comodo accesso in caso di manutenzioni. Quest’intervento di recupero permette di rivedere lo scorrere delle acque, una volta animate da una miriade di ruote, artigiani e lavandaie, in tratti di canale delimitati dai retri di quelle case che contenevano attività manifatturiere. Acque interne che ancora sono attentamente regolate, sono distribuite per diversi usi civili e produttivi, rappresentano un importante sussidio in occasione di forti e prolungate piogge. La possibilità di rivedere questo panorama che comprende lo scorrere dell’acqua suscita sicuramente un notevole interesse. È l’immagine di una Bologna “città d’acqua” di cui il grande pubblico ormai ignorava l’esistenza. Un progetto per lo spazio pubblico fatto di gesti architettonici non artificiosi, non impattanti, in armonia con l’intorno e con la tradizione che ha generato un nuovo processo di conoscenza da parte della cittadinanza grazie anche al contatto diretto e visivo con questi scenari. Il luogo dimostra una sorprendente antica tipicità urbana, un ambiente che si ripeteva in molti angoli della città, una realtà che documenta un contesto di notevole rilievo. Turisti e bolognesi ancora oggi riscoprono con sorpresa queste prospettive che per qualche decennio sono state condannate all’oblio.
Architetto Francisco Giordano
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