La città nel nulla

Romano vendita fiori all'ingrossoFuori: polvere, distruzione, urla, grida, insulti, morte, cannoni, catastrofe, pallottole, cadaveri putrefatti che spesso venivano estratti a pezzi e a brandelli dalle tonnellate di macerie di una città agonizzante, aerei che per 94 volte sorvolarono la Dotta, la Rossa e Grassa Bologna rendendola fragile, alla mercè di tiratori volanti che giocavano a colpire le Due Torri, assunte a simbolo plurisecolare. E ancora: sabbia, rottami, buche, sassi, carcasse bruciacchiate e contorte di auto, di tram, di rotaie, di biciclette, di servizi idrici, di gas, di tubature che scoppiavano e saltavano come fossero molle impazzite ma che solo la volontà e la caparbietà umana seppe soggiogare e ripristinare con puri mezzi di fortuna, di bombe inesplose, di soccorsi, di aiuti, di civili e di soldati uniti da un solo tragico e beffardo destino. E ancora mille e mille e mille strazianti dolori che salivano al cielo carichi di odio e rabbia, di giaculatorie, di preghiere mai finite e arrivate chissà dove, di calpestii, di corse a perdifiato, di cadute, di tragedie, di panico che si tramutava in orrore per non essere giunti in quei buchi umidi, malsani, che promettevano un qualche miracoloso riparo e che qualcuno chiamava Rifugio, come quelli di alta montagna.

Sotto: sospiri, respiri, affanni, fantasie, voci, sussurri, candele, lanterne, sudore, puzze, lenzuola sporche, materassi, paglia, terra, voglie, desideri, lavori a non finire, gioie trattenute ma mai perdute, volontà, non sapere dove andare perché la propria casa non esisteva più, assieme alle proprie cose, semplici e logore che fossero. Anziani, bambini, che ad ogni allarme rischiavano di venire calpestati dalla folla scalpitante, vite soffocate nella più coerente voglia di ricominciare, di lasciarsi alle spalle tutto quanto, anche se stessi. Sole, quell’agognato sole che si nascondeva dietro nuvole di calce martoriata più e più volte, che si eclissava nell’inverno gelido e terribile che a sua volta portava altro freddo e altre pene. Lavori sottobanco che divennero un giorno speranze di vita, lavori graffiati e dipinti su muri scrostati ma che si aggrappavano al futuro, forse migliore, anzi, doveva essere sicuramente migliore.

“Romano, vendita fiori all’ingrosso”, stretto loculo, tetro deposito di essenze e di morbide dolcezze colorate che si stivavano dove si poteva, perché la città, quella che tentava di ricominciare, era lacera di magazzini e negozi. Da quello scantinato d’inizio Settecento, sotto quel palazzo sopravvissuto alle avversità e ai tremori di infierenti ordigni, dal fondo, dal basso, si ripartiva, portando “a quelli là, quelli di sopra” un po’ di gioia attraverso corolle delicate. Romano era una di quelle baldanzose coerenze che si potevano toccare, con cui si poteva ancora parlare e raccontarsi le proprie miserie. Chissà in quanti passarono da quei corridoi ammuffiti per andare a scegliere la rara merce.

Possibile che una scritta storta, stinta e poco visibile, che se non fai attenzione rischi di perderla in mezzo alle ragnatele, possa rammentare tutto questo?

Dai seminterrati ai cieli azzurri.