La centrale idroelettrica del Cavaticcio

Inserimento della nuova centrale nel sistema dei canali

La via principale percorsa dalle acque bolognesi è quella che porta in città parte del Fiume Reno e poi le allontana verso la pianura (secondo il percorso dei Canali di Reno, Cavaticcio, Navile); accanto a questi vi sono una serie di rii collinari dei quali i minori si immettono direttamente nel Canale di Reno, il Ravone lo sovrappassa ma è munito di uno sfioratore che vi versa le acque in piena, l’Aposa versa direttamente nel Navile unito ad un tratto Canale di Reno stesso. Inoltre, nel primo tratto del Canale di Reno, finché esso è vicino al fiume, sono presenti anche diversi scaricatori di fondo e di superficie fra cui il maggiore (Canonica) posto immediatamente a valle di un primo salto del Canale sfruttato da un piccolo impianto idroelettrico privato. Più a valle, dal Canale di Reno partono altre canalette (Ghisiliera, Lame, Moline) che, come il Canale Navile, ne distribuiscono l’acqua verso la pianura bolognese, ove viene utilizzata soprattutto per irrigazione. In città, o meglio nel suo sottosuolo, vi è anche il complesso reticolo delle fognature urbane: è un sistema misto (acque di scarico e piovane) i cui sfioratori versano in gran parte nel Navile che è anche il recapito degli scarichi dell’impianto di depurazione, posto a Corticella, che tratta le portate di magra del sistema fognario. Con l’entrata in funzione della nuova centrale idroelettrica del Cavaticcio questo complicato sistema idraulico nascosto vede enormemente aumentate le utilizzazioni idroelettriche e pertanto mutati gli obiettivi per la sua gestione; il Canale di Reno dovrebbe normalmente prelevare dal fiume la massima portata possibile per alimentare le utilizzazioni idroelettriche proprie e scaricare nei canali di valle acqua pulita per i successivi usi irrigui e per diluire gli scarichi del depuratore; nello stesso tempo, durante gli acquazzoni sulla città e sulle colline, il prelievo va ridotto o annullato per non aggravare ulteriormente la sicurezza idraulica del sistema scolante: in effetti, lo sviluppo urbanistico ha finito per incrementare notevolmente l’impermeabilizzazione dei suoli e quindi le portate di piena che fognature e rii collinari riversano nel Canale di Reno e Navile, e nello stesso tempo ha reso meno tollerabili eventuali fenomeni di esondazione dai canali e di rifiuto dalle fognature. Per una buona gestione del sistema suddetto è necessario poter arrestare con gran rapidità la portata di Reno che alimenta il Canale omonimo, in modo da garantire la sicurezza sul Canale stesso ed anche sul Canale Navile; a questo scopo contemporaneamente alla messa in funzione della Centrale del Cavaticcio si è preferito prevedere il rifacimento dello scaricatore della Canonica, che era stato distrutto dai bombardamenti bellici e non più ripristinato; in questo modo si rende anche possibile il funzionamento del primo tronco del Canale (dalla Chiusa al salto della Canonica compreso) quando il secondo non volesse ricevere acqua, per sicurezza o manutenzione.  Il nuovo scaricatore della Canonica è chiuso nel suo estremo superiore da una paratoia a settore, aprendo la quale è possibile immettere tutta l’acqua proveniente da monte (ed anche un po’ di quella che era già proseguita verso il centro cittadino) nella canaletta di scarico larga 5 metri che la riversa in Reno con una serie di salti finali. Sempre per migliorare la gestione, sono state completamente rinnovate le paratoie di regolazione poste nell’ex Mulino della Grada; anzi, si è preferito lasciare invariate quelle vecchie esistenti a monte del Mulino e costruirne delle nuove (due in parallelo, in acciaio, piane a scivolamento verticale) immediatamente a valle del Mulino stesso, sotto Via della Grada. In un breve tratto di Via Riva di Reno in Canale è stato scoperto per inserirvi le nuove griglie allo scopo di impedire al materiale grossolano (foglie e bottiglie di plastica e di vetro, ma anche lavatrici, scooters, vecchi materassi) di proseguire e che potrebbe rovinare le pale della turbina. La griglia è costituita da profilati in acciaio disposti in verticale “a rastrello” e trascinati meccanicamente; così facendo si ha una raschiatura dal basso verso l’alto, scaricando il materiale trascinato su un nastro trasportatore che, sottopassando la Via, lo porta in un locale di servizio (all’interno della ex Manifattura Tabacchi) ove viene scaricato entro normali cassonetti per i rifiuti.

Il funzionamento idraulico della Centrale

La centrale del Cavaticcio è costituita da tre circuiti idraulici in parallelo, in cui l’acqua “salta” dal Cavaticcio alto a quello basso:

1) l’unico circuito preesistente era lo scivolo a due canne che immette nella vasca di dissipazione; per permettere la chiusura parziale o totale di questa via, al suo estremo di monte ora è stata montata una paratoia a clapet (paratoia piana ruotante su asse orizzontale alto); dallo scivolo può passare una portata fino a 30 metri cubi/s

2) la turbina, ovvero la nuova via percorrendo la quale la potenza della corrente idraulica viene trasformata in potenza elettrica; lungo questa via l’acqua passa attraverso una valvola a farfalla poi attraverso le palette del distributore che deviano la corrente in modo da costringere l’acqua ad acquisire una forte velocità rotatoria; seguono le pale mobili dell’elica che ridevano la corrente in modo da annullare il moto rotatorio indotto dal distributore, e nel fare ciò trasmettono una grande coppia all’albero motore; segue infine un “diffusore” in cui la velocità dell’acqua viene progressivamente ridotta a valori normali per scaricarla nel Cavaticcio a valle; la portata che può passare dal circuito turbina varia da 5 a 15 metri cubi/s

3) un altro scarico dissipatore, per portate fino a 5 metri cubi/s, dotato di una valvola a getto conico, dal funzionamento più regolare e meno rumoroso rispetto allo scivolo

Nel funzionamento normale della centrale, la portata passa esclusivamente attraverso la turbina, per massimizzare la produzione di energia elettrica. Quando la portata è troppo modesta, la turbina viene chiusa ed aperto al suo posto il piccolo scarico dissipatore; quest’ultimo verrà anche aperto insieme alla turbina quando la portata fosse leggermente superiore al livello massimo; il clapet viene invece aperto quando la centrale va fuori servizio; per non provocare nel Canale di Reno livelli eccessivi, si lascia che il clapet si spalanchi sotto la spinta dell’acqua stessa. Inoltre la centrale lascerà passare la portata necessaria per far sì che il livello dell’acqua nella sezione terminale del Canale di Reno rimanga sempre ottimale; non troppo basso per alimentare il Canale delle Moline e affinché non entri aria nel Cavaticcio, non troppo alto affinché l’acqua non tocchi le travi di copertura. L’altezza del salto è di 14,3 metri che consente di produrre una potenza massima di 1890 kW; l’albero della turbina gira con una velocità ridotta e pertanto per non avere un alternatore altrettanto lento, si è interposto un moltiplicatore di giri meccanico; l’alternatore, sincrono a 4 coppie di poli, produce energia elettrica a bassa tensione, che poi per facilitarne il trasporto viene elevata da un trasformatore prima di essere immessa nella rete ENEL. L’energia elettrica immessa verrà scontata da quella che il Comune preleva dalla rete stessa. La quantità di energia che l’impianto è in grado di produrre dipende essenzialmente dalla quantità di acqua disponibile; mediamente il sistema funzionerà per circa 4 mesi a portata massima, per altri 4 a portata variabile tra la massima e la minima ed infine per 4 mesi, concentrati nella stagione estiva, la produzione si azzera. Complessivamente le stime portano a valutare una produzione annua attorno a 8 milioni di kWh, equivalenti al consumo domestico di 8000 persone.

Caratteristiche civili ed impiantistiche della Centrale

La centrale è stata ovviamente costruita nei pressi del salto che il canale Cavaticcio compie attraversando interrato il Largo Caduti del Lavoro a Bologna (o Piazzetta). Questo salto corrisponde alla differenza di quota tra il Canale di Reno ed il vecchio Porto, che costituiva il punto di arrivo verso monte del Canale Navile. Rispetto al livello medio della Piazzetta il fondo della turbina è ad una profondità di 19 metri. Per poter effettuare in sicurezza tutti i lavori e non creare danni ai notevoli edifici circostanti, si è creata una scatola rettangolare in calcestruzzo gettato in una fossa piena di fanghi bentonitici (il fango bentonitico, altro non è che acqua miscelata a bentonite, minerale argilloso che trova impiego anche nell’edilizia, come impermeabilizzante, si tratta di un’argilla con elevate caratteristiche colloidali. La sua peculiarità è quella di gonfiarsi a contatto con acqua, fino ad arrivare ad occupare un volume di molte volte superiore rispetto il minerale a secco. È in grado di sviluppare tixotropìa anche con minime quantità di acqua spinti fino alla profondità di 24 metri). Tale scatola viene a costituire il perimetro dell’edificio della Centrale. La Centrale risulta in definitiva composta da due vani: vano turbina e vano servizi; il primo vano, a forma di “L” è costituito dal pozzo turbina dove è stato calato il macchinario più pesante e ingombrante e da un locale adibito alla manovra e allo stoccaggio dei panconi di chiusura valle; il secondo è occupato dalle tre sale quadri, sovrapposte per tenere appositamente separati i circuiti di controllo, i circuiti di potenza e le linee acqua ed olio, secondo la seguente disposizione:

I piano: locale di scambio con l’ENEL, sala quadri di controllo e comando (con annessi locali clapet e toilette)

II piano: sala trasformatori, sala quadri di potenza (6 kV, 15 kV)

III piano: sala centraline olio, acqua, filtri e idrociclone

Ventilazione della struttura

Le necessità di ricambio d’aria di una centrale interrata derivano da tre fattori: deumidificazione dei locali per assicurare il corretto funzionamento e mantenimento degli equipaggiamenti, aria fresca per la salute degli operatori, asportazione del calore dissipato dai vari elementi impiantistici. Per i primi due aspetti si è individuata una portata di aria necessaria variabile tra 2000 e 5000 metri cubi/h più un flusso di emergenza di altri 5000 metri cubi/h, dimensionando le varie apparecchiature e i passaggi d’aria per 10000 metri cubi/h. L’aria fresca viene aspirata all’altezza di 3 metri dal piano della Piazza tramite una torretta contenente un silenziatore, a valle della quale sono ubicati due ventilatori uguali da 5000 + 5000 metri cubi/h. Transitando in tre serrande tagliafuoco ad azionamento automatico l’aria viene immessa separatamente nelle tre sale quadri attraverso 12 bocchette regolabili. Altre 12 bocchette di espulsione consentono di riprendere l’aria ancora non troppo calda e di farla penetrare, per mezzo di altri due ventilatori da 5000 + 5000 metri cubi/h nel box dei trasformatori, che è il locale più caldo della Centrale. L’aria che esce dalla sala trasformatori viene deviata nell’ampio volume della sala macchine per il necessario ricambio d’aria e l’asportazione del poco calore emesso dal moltiplicatore. In coda all’impianto altri due ventilatori, sempre da 5000 + 5000 metri cubi/h, provvedono all’espulsione dell’aria attraverso un silenziatore.

Impianto antincendio

La particolare collocazione urbana, unita alla gestione non presidiata, ha consigliato l’adozione di un efficiente sistema di rilevazione d’incendio e di spegnimento automatico. Il sistema è costituito da 14 rilevatori ottici di fumo, disposti nei punti più significativi dell’impianto e da una centrale di rilevazione a microprocessore con alimentazione in corrente continua separata. L’impianto di spegnimento automatico è costituito da 3 bombole ad alta pressione in grado di scaricare in 10 secondi separatamente nelle tre sale quadri una quantità di Halon sufficiente a raggiungere una concentrazione del 5% a 20 °C.

Durante la Seconda Guerra Mondiale un tratto sotterraneo del canale venne utilizzato come rifugio antiaereo di fortuna, non rientrando in nessuna delle classificazioni ufficiali. Fu centrato per ben due volte da ordigni sganciati da veivoli Alleati il 25.9.1943 e il 22.3.1944; a ricordo del tragico evento una grande lapide fu murata in una laterale di Via Marconi, poi rimossa e sostituita dall’attuale visibile in Via Leopardi. Per la seconda incursione, quella più devastante, vi sono le relazioni tecniche rilasciate dall’allora geometra del Comune di Bologna accorso subito dopo il tragico evento. Per maggiori notizie sulla vicenda dei ricoveri antiaerei (anche quello del Cavaticcio) consultare “Aposa segreto” e “Ricerche sulla Montagnola di Bologna“.